Per migliaia di studenti è recentemente iniziato il nuovo anno scolastico: poco dopo il rientro tra i banchi cominciano a profilarsi pagine di diario colme di compiti o sospettosamente vuote, programmazione di verifiche, interrogazioni nonché scontri che hanno per oggetto il rendimento scolastico.

Questo sarà il primo di una serie di articoli dove parleremo di come poter aiutare i propri figli nelle difficoltà scolastiche.

 Quando uno studente ritiene inutile la scuola portarla a termine diventa un’agonia, sia per lui che per i suoi genitori.

Convincere i propri figli dell’importanza dello studio non è cosa facile e, del resto, perché i ragazzi dovrebbero considerarlo importante? Come intavolare l’argomento in modo proficuo?

Sciogliere questo nodo è fondamentale poiché comportamenti, e continuità che si da ad essi nel tempo, sono tenuti vivi dalla motivazione sottostante. Quando non c’è motivazione ad intraprendere un percorso non si vede l’ora che finisca e la strada in mezzo tende ad essere percorsa con inerzia e fatica. Così facendo però si rischia di perdere molte opportunità che non è detto si ripresentino. Ricordiamo infatti che nella nostra società la scuola dell’obbligo coincide proprio con la crescita dell’essere umano e il suo ingresso nel mondo adulto (infanzia – preadolescenza – adolescenza): per tutta la vita si continua ad apprendere, ma il sistema nervoso non sarà più plastico e flessibile come in questi anni.

img_1444-2

Dunque la motivazione sembra rivestire un certo peso, ma…da dove nasce la motivazione? come incrementarla?

In primo luogo teniamo conto che ogni spinta motivazionale è sostenuta dall’interesse. Perché vostro figlio si incollerebbe allo schermo per giocare a FIFA o passerebbe tanto tempo con gli amici? Perché gli interessa. I ragazzi che non trovano interesse, o piacere, nello studio fanno molta fatica ad abbandonare il campo di divertimento per passare ad un’attività che ai loro occhi è spiacevole ed inutile. Da qui gli scontri per il tanto sudato inizio dei compiti.

Ora, facciamo un passo indietro sforzandoci di vedere il loro punto di vista, per poi ragionare sulle modalità più indicate per aiutare i figli a capire che senso possa avere studiare.

Vedrete, non sarà così difficile: cresciamo, ma le emozioni che sperimentiamo spesso non sono poi così diverse: anche da adulti se una cosa non ci interessa difficilmente ci impegniamo a farla, oppure ci adoperiamo ma con estrema fatica e pesantezza. Consideriamo due fidanzati, lui ama il calcio, lei guarda la partita solo per accontentare il compagno: lui sarà probabilmente sulle spine fino alla fine, osservando, pensando a quali azioni si potevano o si potrebbero mettere in campo; lei, più probabilmente, penserà a quanto è noioso il calcio, si alzerà dal divano frequentemente per prendere da bere, leggerà qualche messaggio sul telefono, il gioco sullo schermo apparirà monotono e senza tanto senso. Pur non essendo un’esperta anche la ragazza poteva immaginarsi qualche  azione diversa, seguire il concatenarsi dei passaggi, ma senza provare interesse e di conseguenza senza motivazione, nella sua mente non c’era spazio per questo. Per cui, stessa identica attività, comportamento opposto. Questo esempio non ci serve a “giustificare” ma piuttosto a calarci nel punto di vista nostro e anche dello studente “svogliato”: adesso che siamo sulla stessa linea d’onda del ragazzo proviamo a vedere cosa succede.

In primo luogo dobbiamo chiederci perché un bambino non sia interessato alla scuola: se avete figli piccoli o avete avuto a che fare con bambini delle scuole materne ed elementari consocerete bene come in realtà tutti i bambini siano curiosi e quanto amino sentirsi competenti, bravi, capaci. Per questo la demotivazione scolastica è sempre segnale che qualcosa non sta andando bene: essa può essere indice di problematiche ben identificate (come per esempio disturbi dell’apprendimento); in altri casi i bambini sono talmente concentrati a risolvere problematiche famigliari (quali la separazione dei genitori o la nascita di un fratellino, ecc.) che non c’è più spazio per altro. Perciò è fondamentale che il genitore si chieda, in primis, se può esserci qualcosa che turba la serenità del figlio: in tal caso non bisogna tanto focalizzarsi sulla non riuscita scolastica, ma piuttosto sull’affrontare la situazione da cui scaturisce il disagio (gli esiti scolastici migliorano poi di conseguenza).

A volte però esistono anche altri aspetti non riconducibili a tali circostanze, ma che sono comunque degni di nota poiché conducono bambini e ragazzi a non trovare nessuno stimolo per il proprio percorso scolastico: quali possono essere le altre motivazioni?

– il bambino teme di non riuscire: l’idea di fallire è così ingestibile che preferisce non darsi da fare per non sperimentare il dolore legato alla delusione;

– si sente inadeguato;

– non capisce a cosa gli serva studiare;

– il bambino è solamente orientato a prendere un buon voto per far contenti gli altri e non sentirsi stupido, ma non sperimenta piacere in ciò che fa.

Con l’ultima frase tendo a sottolineare che non si considerano studenti demotivati solo quelli che non hanno buoni risultati, ma anche quelli che vanno bene ma solo per compiacere mamma e papà e/o per evitare castighi.

Al contrario, quali motivazioni possono spingere i bambini e i ragazzi a cimentarsi nello studio?

img_1445-2

 In primo luogo è fondamentale pensare che lo studio sia utile ora, nel presente: chi non si è mai chiesto il perché di studiare le guerre Medioevali in Storia, oppure le espressioni in Matematica? Si studia per costruire il proprio futuro di uomo/donna, infatti tra le varie materie si potrà prediligerne qualcuna e approfondirla, ma se non si conoscesse qualcosa dei vari ambiti non sarebbe poi possibile scegliere. Non basta però dire al figlio “capirai da grande l’utilità dello studio” perché difficilmente noi stessi avremmo voglia di impegnarci in qualcosa di cui non percepiamo l’utilità e che (forse!) comprenderemo solo tra molto tempo! In realtà la scuola è un’opportunità di apprendere e formarsi per affrontare meglio gli ostacoli che si incontrano, le relazioni, la realtà: troppo spesso ci si concentra unicamente sull’aspetto “prestazionale” della scuola, ma va ricordato che essa è anche luogo di educazione e crescita, è un luogo relazionale dove si apprende lo stare insieme e si comprende meglio sé stessi attraverso le relazioni con gli altri.

Anche il parco giochi e la vasca in centro sono ambienti relazionali, però cosa distingue la scuola?

La scuola riempie la nostra “cassetta degli attrezzi” di strumenti che in seguito potremo decidere di utilizzare o meno, ma che da bambini e ragazzi si possono sviluppare molto di piùQuindi si sta studiando per costruire il proprio presente, in quanto l’apprendimento permette di sviluppare le nostre qualità, migliorare i difetti, conoscere noi stessi e la realtà in cui viviamo, tutte trasformazioni che ci cambiano nel qui ed ora. Imparare ad affrontare gli errori, a recuperare, a stare in un gruppo, ad accettare non solo i nostri punti forza ma anche i limiti sono dinamiche che hanno a che fare con la vita quotidiana di ognuno di noi: per questo è fondamentale che i ragazzi comprendano come quest’area della vita non sia solo un laboratorio importante, ma anche un terreno di vita reale, in cui essi si affermano, si sperimentano, giorno dopo giorno.

Nei prossimi articoli approfondiremo come, attraverso i comportamenti verbali e non verbali, possiamo passare (e come invece non passiamo!) questo concetto ai figli, come affrontare i brutti i voti, la questione premi e castighi, e così via, in maniera da aprire il pensiero a forme di soluzioni nuove,creative, ma soprattutto personali, di fronte a queste piccole, ma a volte grandi, difficoltà.

Dott.ssa Azzali Sara

 Psicologa Psicoterapeuta a Fidenza e Parma

Mamma, perché devo andare a scuola?
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn
Tag:                                                             

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *