Molti di voi avranno sentito parlare di questa difficoltà e tanti l’avranno anche sperimentata sulla propria pelle: che cos’è il tanto famigerato “attacco di panico”?

Si tratta di un insieme di sintomi ansiosi quali tachicardia, palpitazioni, capogiri, ecc., che aumentano in numero e si acutizzano nel giro di pochi minuti: è come se in brevissimo tempo la nostra ansia confluisse a tali livelli che tutto intorno si paralizza, a partire dal pensiero, l’immaginazione, a volte anche la sensazione di veridicità della realtà stessa, che si “spezza” di fronte alla sensazione di poter perdere il controllo di tutto e, addirittura, morire.

Chiunque abbia sperimentato tali sensazioni sa bene come quei 10-15 minuti possano apparire un’eternità mentre li si vive, e quanto possano invalidare la propria quotidianità per il terrore che si prova al solo pensiero di attraversare nuovamente un episodio di questo tipo.

Per non lasciarsi travolgere da questo vortice di terrore è fondamentale considerare l’attacco di panico non tanto come il gigante da combattere, ma piuttosto come la punta di un iceberg che fa capolino sulla superficie del mare, dove la parte più grossa è piuttosto quella che resta sommersa.

La nostra sensazione infatti è che l’attacco sia improvviso e inspiegabile proprio come quella punta di ghiaccio che “improvvisamente” si può stagliare di fronte nell’oceano: esso però si nutre invece di preoccupazioni, paure, ansia, che spesso non vogliamo affrontare (o che pensiamo di non poter gestire!) che, probabilmente, circolano, sotto superficie, già da un po’. Nel panico le paure, le emozioni negative, fuoriescono in una maniera esplosiva, che naturalmente ci può spaventare: sarebbe però importante riuscire a dare uno spazio e un significato proprio a quelle emozioni negative che circolano dentro di noi come in un sottosuolo, sottosuolo dove rimangono confinate e inascoltate finché “esplodono” come lapilli di lava sputati fuori dal cratere di un vulcano.

L’attacco di panico si fa meno minaccioso infatti se proviamo a pensarlo come un indicazione, seppur brutale, che ci arriva da un nostromo, un navigatore interno, che ci sta avvisando che qualcosa dentro di noi si è “paralizzata” (proprio come gli stessi sintomi che spesso vengono sperimentati!) ma è ancora lì che ci chiede di venire affrontata e ricollocata.

© Dr.ssa Sara Azzali

Psicologa Psicoterapeuta

Studio di Psicologia a Parma e Fidenza (PR)

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su uno di questi social e aiutami a far conoscere il mio blog! 🙂
Cosa sono gli Attacchi di Panico?
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *