Spesso ci definiamo persone “insicure”, senza autostima, come se questi aspetti fossero qualità stabili. O le abbiamo o non le abbiamo, un po’ come il colore degli occhi o l’altezza. Ma mentre l’altezza fisica è qualcosa di delimitato, che non possiamo modificare, “sentirsi all’altezza” è fortunatamente qualcosa su cui possiamo lavorare.

Il valore che diamo a noi stessi è infatti l’esito di un processo in continuo divenire, un processo attraverso cui pensiamo a noi stessi in relazione al mondo esterno e interno.

Il primo passo per poter modificare la concezione che abbiamo di noi stessi è ritenere che le nostre azioni possano determinare un cambiamento. In Psicologia definiamo questo aspetto Locus of Control (Rotter), tradotto: “luogo di controllo”. Quando riteniamo che quanto ci accade dipenda da avvenimenti esterni, per esempio la fortuna o la sfortuna, il nostro Locus of Control è esterno. Ciò significa che successi e insuccessi sembreranno determinati da agenti esterni e, pertanto, piuttosto imprevedibili. Viceversa, vedere il locus of control dentro di sé porta a pensarsi padroni di sé stessi e della propria vita.

Credere di poter “incidere” sulla nostra realtà consente quindi di porci in maniera sfidante di fronte i problemi che la vita ci pone sul cammino.

Ci sono alcune situazioni in cui spostare il Locus of Control al di fuori di noi è funzionale: per esempio ammalarsi non è certo qualcosa che possiamo controllare. Non parlo infatti di Locus of Control interno inteso come una tendenza a controllare ossessivamente la propria esistenza. Piuttosto lo associo al concetto di autoefficacia, che fa riferimento alla consapevolezza di essere in grado di sentire, esprimere, fare o divenire qualcosa.

Ne va da sé che questi aspetti sono estremamente collegati all’autostima. Se non penso di poter determinare gli eventi, se non ho fiducia in me stesso, difficilmente mi attribuirò un buon valore.

Quindi, da cosa si può partire per riportare dentro di noi questa consapevolezza?

Il miglior modo per imparare a fare qualcosa è proprio cimentarsi. Esistono moltissime teorie e strategie, ma ognuno deve trovare la propria. E questo non può che passare dall’esperienza: assaggiare un successo, così come accettare un fallimento sono esperienze che se integrate dentro di noi vanno a costituire mattoncini importanti.

Quando sentiamo di aver costruito qualcosa in noi si muove una spinta a fare di più, in una sorta di “conferma” di noi stessi. Ma anche l’insuccesso, al di là del dolore, ci consente di acquisire consapevolezza. Domandarsi cos’è accaduto e considerarlo un evento da cui partire (e non un porto a cui approdare!) per rivalutare come mai sono arrivato a quel risultato, è un momento fondamentale di ogni percorso.

Possiamo partire a sperimentarci dandoci dei piccoli obiettivi.

Nulla di trascendentale: qualcosa su cui ci sentiamo già piuttosto sicuri di noi stessi, che non ci destabilizzi qualora le cose non vadano come previsto. Acquisire per gradi la consapevolezza di sè, di come ci muoviamo nel mondo è fondamentale. Molti percorsi di cambiamento vengono interrotti quando ci si pone obiettivi troppo elevati. Pensate per esempio a quanto accade quando ci si propone di andare in palestra tutti i giorni, oppure quando ci si dice di non voler sbagliare più. A volte ci fissiamo degli obiettivi così difficili che i progetti per attuarli sono necessariamente destinati a fallire.

Acquisire consapevolezza di sè significa imparare ad assumerci responsabilità, il che è differente dall’attribuirci delle colpe.

Fissare un piccolo obiettivo, porci una piccola sfida, può essere invece la base da cui partire per confrontarci poi con noi stessi.

E da quale obiettivo si può partire? 

La semplicità della nostra meta di partenza non è certamente tutto. Chiediamoci cosa ci interessa davvero: dovrebbe essere qualcosa che ci stimoli, per cui proviamo una forte motivazione.

Se vogliamo cambiare qualche aspetto di noi dovremmo anzitutto chiederci il motivo e domandarci dove vorremmo arrivare.

Perchè, come diceva Seneca,

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”.

© Dr.ssa Sara Azzali

Psicologa Psicoterapeuta

Studio di Psicologia a Parma e Fidenza (PR)

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Posso smettere di sentirmi una persona “insicura”?
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