Che cosa significa essere infertili? Che cosa significa per una coppia ricevere una diagnosi di infertilità?
In questo articolo proviamo ad esplorare aspetti emotivi e mentali di questa situazione, perché se da un lato il corpo è destinatario di approfondimenti ed interventi medici, il cuore e la mente non sono certamente in secondo piano.
Attraverso i racconti delle coppie cui viene diagnosticata una condizione di infertilità è possibile riscontrare con una certa frequenza una costellazione di disagi che investono la sfera delle emozioni, degli affetti e delle relazioni.
Donne e uomini cui viene diagnosticata sterilità/infertilità attraversano una fase emotiva equiparabile al lutto: ogni situazione di perdita richiede alla persona la necessità di elaborare mentalmente tale perdita e di riuscire a renderla tollerabile. Se questo non avviene, se le reazioni negative si cristallizzano e si mantengono anche a grande distanza di tempo, la persona va in contro a seri rischi per il proprio benessere mentale e fisico.
Come per altre condizioni di malessere anche la difficoltà o impossibilità di elaborare la diagnosi di infertilità può avere un impatto anche grave su vita lavorativa, sociale, intima di coppia.
Toccare questo dolore può non essere affatto cosa semplice: a volte i pazienti stessi, prima ancora delle persone estranee a questa situazione, faticano a dar cittadinanza ai i loro sentimenti e a giustificarli. Come se la mancanza di una perdita “materiale”, visibile, rendesse difficile vivere pienamente il dolore. Eppure tanti aspetti di sé e della coppia entrano in gioco nel desiderio di un figlio: la possibilità che questo desiderio non si realizzi porta via con sè una progettualità personale e di coppia.
L’idea di”chi siamo” e “chi siamo con l’altro” subisce un contraccolpo importante: gli stessi elementi che senza pensarci troppo usavamo per definirci vengono a mancare e ciò può generare anche una grande confusione.
Chi siamo se non possiamo più costruire una famiglia come avevamo sognato? cosa sarò se non sarò madre/madre? Cosa ne sarà di quella stanza che avevamo predisposto in casa per il futuro bambino?
Di fronte a domande come queste si può arrivare a provare un senso di discontinuità dell’ esistenza, come se la vita si fosse improvvisamente interrotta.
Si aggiunge un altro tema non di poco conto: il corpo da cui ci si sente traditi, che non risponde più alle aspettative, vissuto spesso accompagnato da un grande senso di impotenza. Corpo che però “siamo” anche noi stessi: pertanto una strada pericolosa può essere quella di colpevolizzarsi (o colpevolizzare l’altro). La rabbia verso sè stessi e /o verso il partner (attenzione, non sto parlando di rabbia consapevole, ma di movimenti principalmente inconsci) può così riversarsi in molte situazioni, condizionando la persona e la coppia in altri ambiti apparentemente non connessi. Inoltre possono manifestarsi sintomi psicosomatici, attacchi di panico e altre situazioni dove attraverso il corpo si esprime un malessere che in realtà parte dai sentimenti e dalle emozioni.
Proprio per la mancanza di una perdita a livello materiale più immediato chi non vive o chi non ha vissuto in passato questa situazione potrebbe trovare difficoltà nel comprendere i sentimenti che circolano. Frasi apparentemente innocue, a volte anche pronunciate innocuamente con l’intento di consolare o sdrammatizzare, possono invece sortire un effetto tagliente.
” Vedrai che quando dovrà arrivare arriverà” …
“Intanto potete fare tante altre cose!”
“Poi quando arrivano rimpiangi il tempo libero che avevi” … Sono solo esempi, ma per buono che sia l’intento di chi le afferma è chiaro che ciò che arriva alla coppia è una gran mancanza di empatia, che invece richiede ascolto, molto ascolto, non per forza una risposta (specialmente una risposta pronta).
Purtroppo a volte i legami arrivano ad allentarsi, gli incontri con gli amici a diradarsi per la paura di dover fronteggiare situazioni spiacevoli e al tempo stesso non sapere come spiegare il proprio disappunto, fastidio, a volte il dolore che si sente in quelle circostanze.
Un sentimento normale, che può attraversare l’essere umano, inoltre è quello dell’invidia: a volte è difficile tollerare che un’altra coppia abbia figli magari arrivati rapidamente e senza ricerca. Questo sentimento può essere vissuto in maniera molto conflittuale perché si può stare male e al tempo stesso essere contenti per i propri affetti, sperimentando colpa per l’invidia sentita.
Non riuscire a godere della felicità altrui, il confronto doloroso, può portare la coppia a isolarsi.
Anche la sessualità della coppia può subire grandi cambiamenti: piacere e desiderio possono venire a scontrarsi con il senso del “dover” avere rapporti nel periodo fecondo necessità che può determinare un senso di minore spontaneità e ansia, ansia nemica della sessualità.
Al periodo fecondo succede poi l’attesa che diventa delusione e tristezza nel momento in cui arriva la mestruazione. Va da sè che il continuo ripetersi di questi eventi sottopone entrambi i partner a una gran fatica e dispiacere, che se reiterati possono minare il benessere psicologico.
Questa descrizione non intende essere una rassegna esaustiva: ogni persona è unica e vissuti simili possono poi prendere sfumature molto differenti tra loro. Quello che voglio trasmettere è l’idea che sarebbe importante riflettere su quello che si prova: la vita mentale ed emotiva è vita, ed è davvero una parte importante di noi. Non è detto che un sostegno psicologico serva a tutti tuttavia essere attenti a sé stessi, al proprio partner, e alla vita insieme è il primo passo importante per prevenire disagio e disturbi più conclamati e favorire il benessere.
Bibliografia
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