Esistono diverse forme di aggressività tra pari, che non sempre rientrano nel bullismo. Spesso però può risultare difficile distinguere quando è opportuno utilizzare questo termine. In questo articolo facciamo un po’ di chiarezza su cosa è e cosa non è bullismo.
Si verifica una situazione di bullismo quando all’interno di un gruppo alcuni bambini o ragazzi vengono costantemente presi di mira con azioni di prevaricazione agite da uno o più bimbi/ragazzi. Il tutto in presenza di spettatori e in modo continuativo nel tempo.
Elementi caratteristici di questi fenomeni sono dunque:
- Un’asimmetria di potere tra bulli e vittime, che rende “facile” prendersela col soggetto più debole
- La presenza di un gruppo che sostiene il fenomeno partecipando o non intervenendo
- Una continuità temporale, per cui la sofferenza della vittima deriva non solo dal gesto prevaricante, ma anche dal tormento generato dal reiterarsi degli eventi
E’ ben evidente come uno scherzo, o una frecciatina non rientrino in questo: nello scherzo ci si diverte entrambi, con la frecciatina si stuzzica qualcuno, ma senza ledere l’altro. Viceversa atti aggressivi “penali” ledono l’altro deliberatamente senza la necessità di un pubblico, anzi spesso vengono compiuti “nell’ombra” non rientrando nel bullismo. Vedremo più avanti in un altro articolo come nel cyberbullismo questo aspetto diverga in quanto purtroppo la gran parte di questi atti ricadono nel penale.
Nelle situazioni di bullismo invece si “fa del male” a qualcuno per mostrare di valere, per ribadire una gerarchia di relazioni di potere. A uno sguardo ingenuo può sembrare che solo la vittima soffra. Invece tutto il gruppo “sta male”.
Se stiamo bene non abbiamo bisogno di screditare l’altro, ridicolizzarlo. Quando sentiamo il bisogno di sentirci più forti affossando l’altro dovrebbe scattare un campanello d’allarme.
Chi davvero è forte non ha bisogno di dimostrarlo continuamente.
I bulli esprimono così sui malcapitati un disagio che non riesce a tradursi in altre forme. E gli spettatori partecipi o “muti” sentono di non aver strumenti per fare diversamente, in genere temendo di divenire le prossime vittime.
Se abbiamo il sentore che i nostri ragazzi stiano vivendo una dinamica di questo tipo sarebbe importante segnalare la situazione alla figura di riferimento. Può trattarsi di un insegnante, un allenatore, un educatore, ecc. Lo scopo è lavorare con l’intero gruppo. Al di là della parte che ognuno svolge bullo, vittima, gregario.
Per trasformare il proprio dolore e cambiare le dinamiche di un gruppo spesso è indispensabile un adulto che non si fermi alla ricerca di un “colpevole”, ma piuttosto che “prenda per mano” e accompagni a capire.
Così si può costruire poco a poco una comprensione di sè stessi, di come si sta in relazione con gli altri e una ricerca di modalità più adattive di esprimere i sentimenti negativi.
© Dr.ssa Sara Azzali
Psicologa Psicoterapeuta
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