Lo scenario è più che particolare, possiamo dire unico: nessuno di noi, nemmeno i più anziani, hanno mai fronteggiato una pandemia. Possiamo però riflettere su aspetti cognitivi che in ognuno di noi possono contribuire a costruire una percezione “errata”. La difficoltà ad interpretare e organizzare le notizie delle ultime settimane ha coinvolto un po’ tutti. La difficoltà a cambiare abitudini, seppur per un periodo circoscritto di tempo, è uno degli argomenti più attuali. Perché è così difficile “comprenderesenza “allarmarsi“?

Quando l’essere umano si sente minacciato si protegge come può, questo succede anche dal punto di vista mentale. Ci limiteremo a considerare alcune euristiche. A dispetto del parolone misterioso un’euristica non è che una “scorciatoia di pensiero” ovvero un meccanismo che consente di prendere una decisione, trarre una conclusione, col minimo sforzo. Tali meccanismi avvengono al di fuori della consapevolezza e proprio per questo è difficile portare a galla la fallacea del ragionamento utilizzato.

Concentriamoci ora sulle euristiche che permettono di creare giudizi, creando una “prima impressione” spesso con tanta velocità e altrettanta imprecisione.

Euristica della rappresentatività, ossia quanto è probabile che accada un evento… “secondo me”. La valutazione non è affatto probabilistica per lo meno non lo è col significato “statistico”: si tende a selezionare criteri arbitrari secondo un procedimento di “somiglianza” a qualcosa di già vissuto, di stereotipi presenti nella nostra mente. Ovviamente il ragionamento fatto è percepito da noi stessi invece come particolarmente “fondato”.

In questa situazione stiamo parlando spesso di previsione di eventi futuri, per cui adottiamo spesso l’euristica della disponibilità: consiste nel considerare un certo numero di eventi che ricordiamo, perché recenti o perché emotivamente pregnanti, come “prova” della nostra previsione. Asserire di fronte ad un comportamento rischioso “l’ho sempre fatto e non mi è mai successo niente” è un classico esempio. Ciò non toglie certo rischiosità alla situazione! Esempio nel nostro caso “Finora sono uscito e nessuno della mia famiglia si è ammalato!”.

Una variante di questo è immaginare scenari alternativi che avrebbero potuto evitare le conseguenze negative di un certo comportamento ” si, a XXXX è successo, ma lui avrebbe potuto fare ecc. ecc.” si tratta dell’euristica della simulazione, che ci porta a giustificare il fatto che a qualcun altro capita qualcosa perché non si è comportato come invece faremmo noi. Ovviamente.

E infine euristica dell’ancoraggio e dell’accomodamento: valutata la nostra posizione circa un tema prendiamo un punto di riferimento, solitamente costituito da un numero, una”percentuale”, e ancoriamo il ragionamento che ne segue. Ad esempio “muore solo il 3% di chi prende il virus e sono soprattutto anziani, quindi non è una situazione grave“… Ovviamente escludendo tutte le altre strade percorribili, adattando e smussando un po’ agli angoli il nostro pensiero che diventa talmente agganciato a tale dato che se qualcuno prova a spostare la nostra attenzione su altri dati immancabilmente il nostro pensiero non fa che ritornare ancora più saldamente alla mente.

Ma quindi perché scegliamo questo modo di ragionare??

Perché non lo scegliamo. Siamo esseri umani e quando abbiamo paura, quando crollano le previsioni di ciò che ci accadrà, reagiamo proteggendoci come possiamo. L’illusione di avere l’oro in tasca ci protegge dal confronto con la realtà.

Una strada alternativa per non cadere nello sconforto ma restare “razionali” è pensare che possiamo accuratamente riporre nelle persone competenti, nei medici, nelle autorità, nei nostri riferimenti, la delega a scegliere soluzioni praticabili (riferimenti autorevoli e competenti, altrimenti ricadiamo nelle euristiche!) . Noi possiamo prenderci invece la responsabilità di fare ognuno la nostra parte, che per quanto piccola é come la tessera di quei puzzle mille pezzi, tessere così piccole che se ne si considera solo una alla volta non si vede che una macchia di colore. Ma che invece una volta messe assieme ci regalano immagini meravigliose e complesse!

“In questo mondo di eroi nessuno vuole essere Robin”, canta Cremonini in una canzone: penso che sia ora di rivalutare il ruolo di noi piccoli “Robin” che possiamo aiutare e aiutarci l’uno con l’altro sostenendoci, costruendo, in maniera semplice ma congiunta, veri e propri atti eroici.

© Dr.ssa Sara Azzali

Psicologa Psicoterapeuta

Perché è così difficile capire quanto accade e come responsabilizzarsi?
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