Recentemente ho svolto svariate consulenze con genitori di bambini della scuola materna e mi sono trovata a confrontarmi con la fatica delle mamme e papà che inevitabilmente incontrano la fase del “capriccio”, del no.
A due/tre anni circa il bambino impara infatti l’utilizzo della parola no, con tutti i drammi che ne conseguono: all’occhio dell’adulto può sembrare che il bimbo dica no giusto per il gusto della sfida, non tanto per un vero desidero. Questo non fa che frustrare il genitore che, a seconda del carattere, potrà avere una reazione più di tristezza o di rabbia.
Mi sembrava utile rassicurare i genitori in primis sul fatto che questa è una fase transitoria, che tutti i bimbi attraversano e che serve per la loro crescita. Il “no” serve al bambino per cominciare a costruire una sua identità, diversa e unica, come la è quella di ognuno di noi: quando diciamo “no”, a qualsiasi età, stiamo prendendo le distanze da un atteggiamento, un’opinione che non coincide con la nostra; portiamo avanti ciò che sentiamo più congruo a noi e permettiamo così all’altro di vedere chi siamo con le nostre differenze.
I bambini a questa scoprono il piacere di poter esprimere il parere contrario e dunque porre un confine tra sé stessi e gli altri, ciò li porta così ad eccedere un po’ con l’utilizzo della parola NO.
Il fatto che si tratti di un periodo transitorio non significa però che il bimbo debba essere lasciato fare, rinunciando al nostro ruolo di guida: i bambini ci dicono no ma hanno bisogno di sperimentare la vicinanza di un adulto che sappia accondiscendere al loro desiderio qualora si tratti di una reale e o innocua necessità (es. “no, voglio aiutare a mettere la giacca da solo!”), ma che saprà anche rifiutare quando la situazione richiede ragionevolmente altro.
Quali sono le situazioni in cui al capriccio o al no del bambino andrebbe posto un freno? Sicuramente quelle in cui la sicurezza del bambino verrebbe messa in pericolo, ma anche quelle in cui non esiste un pericolo “fisico” (es. il bimbo vi chiede d attraversare la strada da solo) ma vi è il rischio che il bimbo non apprenda regole a vostro avviso fondamentali per la sua crescita e il suo benessere relazionale e sociale (per es. se tiro un pugno in faccia a un amichetto gli faccio male e fare male agli altri non va bene).
E’ fondamentale quindi chiarire a sé stessi quali sono i principi fondamentali per noi e perché, in quanto essi costituiranno i punti cardinali che ci permetteranno di valutare quando è il caso di assecondare la richiesta del bambino e quando invece è utile, sano, necessario porre un limite, anche se sgradito.
Dott.ssa Azzali Sara
Psicologa a Parma e Fidenza