Come ogni anno a breve festeggeremo la festa della mamma. Oggi vi propongo una riflessione sui modi di guardare alla propria madre attraverso le varie fasi di vita. Nel tempo infatti il modo di guardare ai nostri genitori cambia, in funzione anche dello stadio di sviluppo raggiunto.

Vediamo quindi come cambia lo sguardo verso le nostre mamma nell’infanzia, attraverso l’adolescenza e nella vita adulta. Termino con una breve riflessione per chi la mamma l’ha persa, ma continua a tenerla viva dentro di sé.

La mamma per il bambino. La figura materna per il bambino è infallibile. Nella prima infanzia i bambini vedono i genitori come veri e propri idoli. Inoltre ricordiamo che nella primissima infanzia mamma e bambino vivono in un rapporto fusionale. Sembra quasi che alla nascita il bimbo e la sua mamma necessitino di un periodo ancora molto ovattato in cui di fatto il bimbo è nato, in realtà la separazione dei due avverrà in maniera molto graduale. In parte l’allattamento, il sonno breve, l’altissimo bisogno di accudimento evocano questo. Ma non solo: esiste anche un mondo emotivo dove la perdita dell’unità madre bimbo vissuta nel corso della gravidanza provoca sentimenti contrastanti. La gioia per la nascita e il dispiacere per la separazione convivono. Pensando a questa idea di fusionalità, che non possiamo ricordare ma che nella nostra biografia abbiamo vissuto tutti in una certa misura, la canzone che mi viene in mente e vi propongo è “Mamma”, di Claudio Villa. 

La mamma in adolescenza. Con la crescita i giochi cambiano: i ragazzi si devono separare dai genitori per poter trovare la loro individualità. Comincia così la ricerca di una distanza e non solo. Dei difetti, dei contrasti. La canzone che vi propongo a questo riguardo è “In bianco e nero” di Carmen Consoli. Le parole di questa canzone penso rappresentino benissimo lo stato d’animo ambivalente che si può provare verso un genitore in adolescenza. Le sfide sostenute per trovare la propria indipendenza e quelle sostenuto per il semplice gusto di potersi sentire la propria identità.

…e da grandi?

La madre per l’adulto. Silvia Vegetti Finzi in un suo libro scrive “..in fondo anche tutti i genitori, anche i migliori, non sono privi di colpe agli occhi dei figli. Ed è proprio quando si perdonano queste colpe, vere o presunte che siano, che si diventa adulti”. Quando la fase dell’adolescenza finisce e si cresce ci si può permettere di tenere insieme gli opposti vedendo le sfumature nel mezzo. E si può costruire un rapporto adulto con la propria madre, che può diventare allora una persona cui possiamo riavvicinarci. Si può smettere di provare imbarazzo per il semplice ammettere quanto affetto si provi verso la propria madre e al tempo stesso le si può perdonare “di essere umana”. “Mama” delle Spice Girls è un testo che mi sembra si avvicini molto a questa “umanizzazione” del proprio genitore.

La madre persa. La perdita di un genitore è un dolore immenso a tutte le età. Però l’aver condiviso vita, esperienze, emozioni è qualcosa che non se ne va mai. Chi ha perso la mamma guardandosi dentro può ritrovare la propria madre dentro di sè: non solo nei ricordi, ma in una ricetta, in un oggetto, in una fotografia, ma anche in quelle abitudine e nelle tracce che tutte le persone care lasciano indelebilmente dentro di noi. Per questa ragione vi propongo la canzone “Tracce di te” di Renga.

© Dr.ssa Sara Azzali

Psicologa Psicoterapeuta

Studio di Psicologia a Parma e Fidenza (PR)

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4 canzoni per raccontare la mamma: come cambia il modo con cui guardiamo alla mamma nelle diverse fasi di vita
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