Recenti eventi di cronaca hanno posto alla nostra attenzione video di ragazzi che attaccano verbalmente gli insegnanti. Questo conduce spesso a una domandarci: è lecito parlare di bullismo in questi termini?
Partiamo da una definizione.
Chiamiamo bullismo il fenomeno di prevaricazione agito ripetutamente nei confronti di uno o più soggetti che si trovano in una posizione di potere minore, il tutto in presenza di un pubblico.
Solitamente parliamo di bullismo riferendoci a quanto avviene all’interno di un gruppo di pari. In effetti parlando del rapporto tra individui appartenenti a generazioni e ruoli differenti viene da chiedersi se possa ritenersi valida la caratteristica di “asimmetria di potere”. A livello ingenuo potremmo concludere che un insegnante si trovi sempre in una posizione più “forte” dei suoi allievi. Questo in teoria…
…ma in pratica?
La nostra società sembra essere oggetto di un rimescolamento di carte: di valori, di norme, di stili educativi.
Sebbene all’insegnante spetterebbe la leadership del gruppo classe, nei fatti questo non sempre avviene. Viviamo in un epoca in cui sempre più difficilmente riconosciamo a un altro diritti di potere e guida solo per il fatto di ricoprire un ruolo istituzionale.
Dovremmo riflettere su quanto questo aspetto caratterizzi i ragazzi oppure tutta la nostra società. Perché, in un certo senso, i ragazzi rappresentano una sorta di “cartina torna sole” dei movimenti attuati dal mondo adulto.
Siamo una società “nuova”, che ha vissuto cambiamenti velocissimi rispetto quanto avvenuto in passato. Abbiamo deposto un sistema rigido e autoritario nel quale molti di noi siamo cresciuti senza tuttavia aver ancora consolidato un nuovo stile comune che regoli gli atteggiamenti educativi ma anche i rapporti tra gli adulti.
Perciò possiamo chiederci: davvero l’insegnante si trova in una posizione di potere superiore?
A mio parere non credo. L’insegnante di oggi viene rispettato nella sua posizione quando i suoi allievi glielo riconoscono, quando maturano rispetto e stima. Non sempre questo accade.
E, allargando lo sguardo: cosa succede tra istituzioni, per esempio tra scuola e famiglia?
Nella frammentazione dei valori citata precedentemente possiamo far rientrare anche una rottura del rapporto scuola-famiglia. Spesso queste due autorità, agenzie educative fondamentali faticano a collaborare e si pongono al contrario come duellanti. Purtroppo però nella ricerca di colpe e colpevoli si può perdere di vista la costruzione di un’alleanza che attraverso cui crescere e migliorarsi. Anche e sopratutto in presenza di malintesi da risolvere!
Venendo alla domanda iniziale: è corretto parlare di bullismo in questi casi?
Se consideriamo un vertice di osservazione teorico no. Se invece andiamo al di là delle etichette e ragioniamo sul fenomeno “relazionale” allora si. E’ corretto parlare di bullismo.
Questo ci riporta a quello che credo sia il tema veramente caldo: il bullismo si manifesta in quei gruppi dove per qualche ragione non si sta bene. E’difficile ricordarlo, ma il malessere riguarda apparentemente solo la vittima, mentre coinvolge invece tutti i membri del gruppo.
Per questo il titolo di giornale che risuona dovrebbe costituire non una conclusione da trarre, ma piuttosto un punto di partenza da cui iniziare a ripensare il modo in cui stiamo e costruiamo nelle relazioni.
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